La fuga dal dolore

Nella mia esperienza clinica, una delle fatiche che più spesso mi riportano i pazienti in terapia è la difficoltà a rimanere nel dolore. Mi succede quindi spesso di trovarmi di fronte a delle persone in costante lotta per evitare a tutti i costi di stare e di sentire la propria sofferenza.

Si tratta di un comportamento assolutamente normale e, per certi versi, prettamente umano. Tuttavia, quando la fuga dal dolore diventa costante e continua, succede che si realizzi esattamente l’opposto: le energie e l’impegno messo per far tacere il malessere, diventano essi stessi fonte di sofferenza.

La paura di stare male, il voler evitare di sentire, infatti, richiede grandi sforzi. Tant’è che a volte la soluzione diventa semplicemente imparare a stare nel momento, anche quando esso è spiacevole.

Se volessimo utilizzare un’immagine, potremmo pensare di trovarci al mare e di cercare a tutti i costi e con tutte le nostre energie di spingere e di far rimanere una palla sott’acqua. É facilmente intuibile che a fatica la palla rimarrà sommersa e, anzi, facilmente sguscerà fuori e tornerà a galla. Accade di frequente così anche per la sofferenza: più si cerca di farla stare sommersa, più questa scapperà fuori senza controllo.

Continuando a utilizzare la metafora della palla, è senz’altro più semplice far stare la palla a galla al nostro fianco, piuttosto che cercare di spingerla a fondo. Questo vale anche per il malessere: ascoltare e accettare anche le emozioni spiacevoli è più semplice che cercare di evitarlo. Sorprendentemente, permettere al dolore di entrare a far parte del nostro universo emotivo, richiede meno sforzi dei tentativi di cancellarlo o annullarlo.

Stare nel dolore, non significa rassegnarsi ad esso, quanto piuttosto ci aiuta a comprenderlo e ad assimilarlo nella nostra vita. Nulla infatti può migliorare senza prima peggiorare.

Solo quando il dolore è ingestibile e lascia destabilizzati è opportuno valutare di chiedere l’aiuto e l’intervento di un professionista.